In difesa del Processo Civile Telematico
In difesa del Processo Civile Telematico
Ieri ho letto un bell’articolo del dott. Salvatore Carboni (Giudice del lavoro del Tribunale di Oristano) che vi voglio segnalare.
Qui potete leggere l’intero articolo.
Sono tuttavia rimasto colpito positivamente da alcuni passaggi che condivido con voi.
Una prima riflessione è dedicata ai “detrattori” del PCT e sulle possibili cause scatenanti.
… se il processo telematico consente simili benefici, perché incontra tanti ostili oppositori, che ne denunciano mille limiti, strepitano per soverchianti difficoltà, lo accusano persino di essere dannoso per la vista, reclamando la reintroduzione degli atti cartacei?
Una prima riflessione riguarda il bagaglio culturale del magistrato medio[1], che ha una formazione prevalentemente umanistica, nella quale la scienza e la tecnologia trovano scarso spazio e considerazione, e vengono viste, non di rado, con sospetto e diffidenza.
È pertanto ragionevole ritenere che le difficoltà che tanti magistrati[2] lamentano nell’approccio al processo civile telematico siano in realtà il risultato di competenze informatiche approssimative e insufficienti; il programma Consolle[3], per come è strutturato, si rivolge a un utente dotato di competenze informatiche di livello medio-alto, che attualmente sono possedute soltanto da una frazione minoritaria di giudici. Come ho avuto modo di osservare in altre occasioni, la maggiore criticità di Consolle è l’utente. Avete dei dubbi in proposito? Oggi chiunque può valutare il proprio livello di competenza informatica mediante test di autovalutazione facilmente reperibili su Internet; il primo passo che il magistrato PCT-fobico dovrebbe compiere consiste nel valutare il proprio grado di conoscenza dell’utilizzo del mezzo informatico. E cercare di elevarlo.
E propone una possibile soluzione …
Come risolvere questo problema? Naturalmente non è possibile contare soltanto su inclinazioni, passioni ed entusiasmi personali, per quanto occorra ricordare che il computer è ormai il principale strumento di lavoro di ogni professione non manuale, e un suo utilizzo adeguato può essere ragionevolmente preteso da parte di chi è chiamato ad assumere decisioni di grande importanza sulla vita delle persone, e percepisce una retribuzione di migliaia di euro al mese. È accettabile che un magistrato dello Stato italiano non sappia eseguire procedure informatiche ormai banali per qualsiasi adolescente? È sconcertante leggere affermazioni del tipo che l’essere un magistrato dovrebbe esentare dall’acquisire competenze in campo informatico; come ogni altro lavoro, anche quello del magistrato è soggetto al necessario aggiornamento professionale, anche quello connesso al progresso tecnologico. Secondo questa bizzarra logica, soltanto gli esperti di informatica sarebbero tenuti a utilizzare un computer!
Conclude, poi, affermando quella che è una delle mie personali convinzioni ed uno dei motivi per cui ho creato questo sito e svolgo attività di formazione in questo ambito.
La formazione informatica deve diventare parte integrante del bagaglio culturale del magistrato, sin dagli anni dell’università, e proseguire per l’intero arco della vita lavorativa; attualmente, invece, tale formazione, peraltro estremamente frammentaria … è come pretendere di imparare a guidare un’auto limitandosi ad apprendere soltanto i comandi del climatizzatore!
Passa poi al problema della c.d. copia di cortesia e della stampa degli atti digitali.
La carta, come è noto, è un supporto lento e costoso: produrla, trasportarla, stamparla, copiarla, conservarla, consultarla sono attività che richiedono molto tempo, molto denaro, il lavoro di tante persone; i documenti cartacei si deteriorano facilmente, sono alterabili e facili da occultare, smarrire o distruggere. Custodia e conservazione sono complessi e dispendiosi. Effettuare ricerche su documenti cartacei richiede molto tempo, tanta fatica, ed esportarne i risultati in modo fedele e completo non è semplice. L’abbandono del supporto cartaceo, con l’enorme riduzione dei costi conseguenti, rappresenta uno degli obiettivi dell’informatizzazione della pubblica amministrazione, e del servizio giustizia. In questa prospettiva la pretesa, da più parti avanzata, di stampare tutti gli atti telematici, in modo da porre a disposizione dei magistrati le copie cartacee degli stessi, costituisce un ritorno al passato: a cosa serve il processo telematico se tutto viene stampato?
Sul punto, conclude, con un’affermazione che condivido pienamente.
Il processo civile telematico richiede, per la sua piena operatività, e per usufruire dei suoi benefici, allo stato in buona parte solamente potenziali, la totale scomparsa della carta. Senza vie di mezzo.
Sono tanti gli spunti e le sollecitazioni proposte dal dott. Salvatore Carboni nel suo articolo e se, come spero, questi brevi estratti vi hanno interessato potete leggere l’intero testo qui.
In conclusione
Voi che opinione avete sul PCT? Quali sono le criticità che sentite più impellenti?